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Il significato dei colori. Parliamone

Premessa

Quel parliamone è chiaramente una provocazione. Sì perché, secondo me, bisogna fare un’analisi di quello che ritengo un luogo comune, contenitore di altrettanti luoghi comuni. I luoghi comuni nascono spesso per convergenza esperienziale del sentire collettivo. Spesso, come nel caso del colore, sono assunti empirici, dunque privi del sostegno di una ricerca scientifica. Non vorrei essere considerato un iconoclasta, ma studiando, insegnando e applicando progettualmente il colore dal 1983, mi consento, leggendo ancora oggi, nel 2025, considerazioni sui colori che lasciano il tempo che trovano come gli oroscopi, di dissertare su certi ambiti della cultura del colore, cercando di capire cosa sia accettabile e cosa da lasciar perdere.

Una cosa che mi disturba e non poco, è che spesso, se non sempre, ciò che si trova sul colore, sono asserzioni copia-incolla, dove, cercando l’origine, non si trovano mai spiegazioni a riguardo. Con questo non pretendo che ciò che scrivo venga ritenuta la verità assoluta. Ci tengo a precisare che i miei studi sul colore sono passati da quelli classici a quelli scientifici, anche per riuscire a trovare i “perché”. Dunque, non essendo per giunta uno scienziato, ma solo un progettista studioso, il mio è un approccio umile, ma basato sulla sulla scienza dove, come si sa, tutto è sempre confutabile, altrimenti non sarebbe più scienza, ma fede.

Cosa sono i colori

I colori, come di certo saprete, sono sensazioni cerebrali create in area cerebrale corticale, a sintesi di una complessa trasmissione ed elaborazione di molti neuroni, partendo dalle risposte alla luce dei coni retinici. Il fatto che siano sensazioni, ovvero risultanze di un’elaborazione del cervello che ci consente di “vedere” in un mondo assolutamente buio e incolore, interpretando una certa finestra di energia elettromagnetica come luce (sensazione di illuminazione) e facendoci apparire come “colorato” tutto ciò che osserviamo, ha portato gli studiosi attivi negli anni che precedettero le indagini neuroscientifiche, a cercare e attribuire ai vari colori, significati che potessero spiegare certe sensazioni psicologiche, e di conseguenza certi comportamenti da esse indotti.

Un’antica intuizione

Si era intuito lo stretto rapporto-interazione soma-psiche, ovvero tra la sfera fisiologica e quella psicologica dell’essere umano (e in misure diverse di tutti gli esseri viventi). Dunque funzionava più o meno così: in base alle esperienze personali di chi si cimentava in argomentazioni teoriche sul colore, magari anche raccogliendo le testimonianze di altri, veniva divulgato un qualcosa del tutto simile a un elenco di parametri riferiti agli “effetti dei colori” e certamente riferiti ai loro effetti sulla psiche, insomma sui sentimenti. La ormai nota connessione soma-psiche portò a indagare quali fossero gli organi più vitali del corpo, la cui attività, maggiore o minore, si potesse collegare a certi stati d’animo. Ovviamente il cuore, con il suo esplicito battito, dunque la sua frequenza, fu l’elemento fisiologico più considerato. L’aumentare della sua frequenza, nel caso il soggetto si trovasse a osservare del sangue, indusse a considerare il rosso come promotore emozionale, al quale collegare tutte le situazioni nelle quali chiunque avrebbe avuto questo aumento di frequenza.

Certo osservare del sangue presupponeva una situazione abbastanza inusuale e critica, perché ci sarà stato qualche essere umano che ne perdeva, magari morendone o qualche animale in simili condizioni. Certo anche che se l’osservatore fosse stato egli stesso il ferito, l’aumento della frequenza cardiaca sarebbe stata più che mai giustificata dalla situazione.

Non lo so, quindi azzardo, ma penso che questo sia stato il punto di partenza. Vedo il sangue, vedo il rosso, mi emoziono, il cuore batte più forte e mi mette in condizione di affrontare la lotta, la battaglia, dove altro sangue verrà versato. Quale colore allora potrebbe agire al contrario, quando mi sento sicuro, protetto e circondato dagli affetti o dai piaceri?

In un certo tempo passato, il blu, come pigmentazione dell’abbigliamento fu l’ultimo ritrovato nella lunga storia dei pigmenti, dunque nuovo e costoso, tant’è che divenne un segno distintivo della nobiltà che se lo poteva permettere, la quale, pur massacrando a destra e a manca, assicurava ai suoi sudditi ricchezza e protezione, propagandando benessere, pace e positività. Forse qualcuno aveva notato che nell’arcobaleno il blu e il rosso erano polari, ovvero agli estremi opposti, dunque il blu poteva rappresentare l’antidoto del rosso e, in effetti, sembrava funzionasse.
Considerando che la società di un tempo era un pochino più maschilista di quella che è attualmente, è abbastanza facile comprendere il perché il rosso venisse scelto per identificare il potere della guerra, quello di vita o di morte. La sua visibilità come ornamento o capo di vestiario, era certamente alta e si distingueva in mezzo all’abbigliamento comune del popolo, dominato da colori tenui, grigi e polverosi. Un segnale identitario di fronte al quale era difficile rimanere indifferenti, ovvero non emozionati. Il rosso era anche evocativo dal punto di vista della sessualità, per via del sangue perso insieme con la verginità e tutte quelle parti del corpo che portano all’esterno del corpo, protetto dalla pelle, gli organi interni maggiormente irrorati, dunque più rossi, come le congiuntive palpebrali, la bocca, l’orifizio vaginale della vulva e il glande.
In questo contesto, ovvero nella storia antica, il rosso venne assunto anche come colore evocativo di pericolo e ancora oggi leggo spesso questo luogo comune.
Per fortuna la cartellonistica stradale, di sicurezza, antincendio, eccetera, lo propone correttamente come colore di attenzione. Il pericolo viene segnalato con il binomio giallo-nero e in altri QUADERNI spiego il perché: IL COLOR TEST DI LÜSCHER E LA PSICOLOGIA DEL COLORE 31-12-2024) e I COLORI FUNZIONALI – LE INTERFACCE.

Il blu, polare al rosso, poteva quindi rappresentare la pace, il dialogo, la serenità o comunque tutto ciò che è distante dal sangue e dalle situazioni che lo possono mostrare. La Madonna non si era vestita di azzurro nel suo vissuto reale, ma in molta iconografia è ancora oggi rappresentata con una veste blu o azzurra, a esaltare la sua purezza di corpo e nobiltà di animo. Colore di una veste ben distante da evocazioni sanguigne, anzi portatrice di dolcezza, benevolenza e protezione.

Bisogna tenere in conto che molti di questi significati dei colori, nacquero anche in base alle possibilità di pigmentazione dei tessuti, dunque al consolidamento di determinati pigmenti anche nell’espressioni artistiche pittoriche. Ma qui preferisco invitare chi desideri approfondire il tema dei colori nel loro uso storico, nell’abbigliamento, nelle tradizioni, anche diverse nelle varie parti del mondo, di leggere i numerosi libri scritti in proposito dalle amiche Lia Luzzatto e Renata Pompas, che hanno fatto una gran bella ricerca.

In questo QUADERNO io intendo affrontare l’argomento “il significato dei colori” in modo più scientifico, soprattutto riferendomi alle neuroscienze, perché all’interno di alcune delle loro branche è possibile riuscire a trovare i famosi “perché” che mi sono tanto cari e che inseguo da anni. Per chi volesse approfondire per comprendere meglio cosa s’intenda per neuroscienze consiglio di chiedere “Neuroscienze” in Wikipedia, giusto per decidere poi da dove partire alla ricerca di fonti attendibili.

Ritorniamo al collegamento Soma-Psiche, ma direi anche Psiche-Soma

Anzi, aggiornerei questa terminologia un po’ antica, riscrivendola così:

Soma>Psiche e Psiche>Soma
Già, perché l’interazione è reciproca, ma di solito lo stimolo di partenza arriva per primo a uno dei due sistemi. A quale arriva dipende dalle situazioni.

Psiche>Soma:
Stimoli psicologici negativi protratti nel tempo o particolarmente forti possono generare patologie; perdonatemi l’esempio drastico di un infarto cardiaco dovuto a una forte emozione, oppure uno stato di forte depressione per sofferenze sentimentali, per il subire bullismo, stalking e altre forme di violenza psicologica.

Soma>Psiche:
Stimoli fisiologici negativi possono generare emozioni spiacevoli come ansia, paura, depressione; un elenco lungo di induzioni psicologiche indesiderabili.

Che uno schiaffetto su una guancia (buffetto deciso) possa dare un certo fastidio e magari una leggera dolenza è chiaro, come è anche chiaro che i comportamenti in risposta, possono essere diversi a seconda delle situazioni e delle relazioni interpersonali, già che si suppone che ci sia chi dà lo schiaffetto e chi lo riceve.
Da un punto di vista prettamente fisico, può scatenarsi una rissa oppure una risposta a male parole, oppure divertimento-gioco o nessuna reazione.

Molte le variabili, ma una cosa è certa: qualsiasi sia il comportamento adottato da chi ha subito lo schiaffetto, non può che essere il risultato di una elaborazione cognitiva comunque derivante da specifiche sensazioni psicologiche. Pensate alla differenza tra l’aver ricevuto detto buffetto da chi ha pieno potere di vita e di morte su di noi o averlo ricevuto da un caro amico con il quale si stava scherzando. Il totale avvilimento nel primo caso e il divertimento nel secondo caso, se ci pensate, non sono le conseguenze di atteggiamento mentale a seguito del buffetto, ma a seguito del comportamento di risposta che abbiamo deciso di adottare.
Dopo aver ricevuto lo schiaffetto sulla guancia, il tempo che abbiamo avuto a disposizione per decidere come comportarci, è stato brevissimo. Il nostro sistema cognitivo ci ha suggerito come comportarci in risposta in pochi decimi di secondo, elaborando tutti dati e le memorie esperenziali a sua disposizione. Quello che però rimane nella nostra memoria, dunque per più tempo, saranno i sentimenti attivati dopo la nostra risposta comportamentale, guidando così i nostri ulteriori atteggiamenti e comportamenti.

Con i colori succede un po’ la stessa cosa, ma in un unico senso: Soma>Psiche, dove per Soma intendo di natura fisiologica e per Psiche di natura psicologica.
Perché scarto Psiche>Soma?

La vista-osservazione di un certo colore non può agire direttamente a livello psicologico, se non passando, sempre e comunque attraverso un processo fisiologico.
Se io osservo, per esempio, un certo blu, non è possibile che esso possa indurmi determinate emozioni perché evoca, rappresenta, ricorda, significa qualcosa per me o per tanti o per tutti.

Se vedo degli zoccoli blu, del tutto simili a quelli con i quali venivo pestato da bambino, subirò un’induzione psicologica data dalla memoria personale e di certo l’induzione fisiologica del blu non riuscirà a rendermi calmo e sereno, perché più forte sarà la memoria di un trauma. Ma questa memoria si attiverà solo in caso di blu+zoccoli. Ma qui si va sul soggettivo.

Quella che chiamiamo luce, con l’idea erronea che sia sempre in grado di illuminare, è energia elettromagnetica composta da fotoni (particelle di energia prive di massa), alcune frequenze della quale (componenti il così incongruamente detto: spettro della luce visibile) sono in grado di attivare tutta una serie di neuroni, specializzati per la visione, donandoci le sensazioni di illuminazione, le sensazioni visive (vedere e distinguere le cose intorno a noi) e le sensazioni cromatiche, percependo in tal modo un mondo illuminato e colorato che, in effetti, è incolore e pure immerso nel buio più profondo.
Difficile immaginarlo così com’è, ma è la verità.
Quindi, quando una certa luce arriva a noi, che sia “visibile” o meno, il primo contatto-induzione è fisiologico.

I Raggi X della TAC non sono visibili come luce illuminante, ma agiscono parecchio sul nostro corpo e sempre di luce si tratta.
Dunque la luce agisce su di noi o “entra in noi” anche attraverso vie non visive, proprio come quella della TAC. Basti pensare alla vitamina D, che ci viene alimentata dalla luce solare e poi attivata per via renale.

Se io osservo un certo oggetto verde, sempre per esempio, quella radiazione elettromagnetica emessa da quell’oggetto illuminato, mi provocherà la sensazione cromatica alla quale abbiamo appioppato quella denominazione. Quella radiazione agirà in qualche modo sull’organismo (induzione fisiologica), questa induzione fisiologica potrà attivare più o meno o per quasi per nulla il sistema nervoso, anche in modo impercettibile, ma sufficiente per essere rilevato dall’area cognitiva del cervello.

Ed ecco che ora possiamo parlare di induzione psicologica, perché nel momento in cui si attenuerà, fino a sparire l’effetto fisiologico (Soma), l’area cognitiva (Psiche) starà facendo i suoi ragionamenti, più o meno controllati dalla nostra consapevolezza. Il contrario non può avvenire.
Quindi quando asseriamo che un colore ha un certo effetto psicologico, dobbiamo sempre considerare che questo è indotto primariamente da un effetto fisiologico.

Sappiamo bene che nella nostra area cognitiva c’è un bell’archivio di dati, che sono i nostri così detti referenti transitori e referenti stabili (Mastronardi e Villanova), insomma una memoria di tutte le nostre esperienze passate, comprese credenze e pregiudizi introiettati, risolti e non risolti. In frazioni di secondo, quello che viene selezionato in quanto ritenuto utile, viene evocato non tanto come “filmato mentale”, ma come sensazione emozionale fisiologica già provata personalmente o appresa dall’esperienza di altri (memoria collettiva). Successivamente, se è il caso (e lo decide il singolo osservatore), si potrà aprire lo scenario variegato del ragionamento, della memoria filmica, del pensiero critico, dei comportamenti da adottare.
Rimane comunque valida l’induzione psicofisiologica che la propria memoria può attuare su ciascuno di noi, ma qui, come già scritto più sopra, entriamo nel soggettivo.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza

Come già accennato si è scritto molto sul colore dell’abbigliamento delle varie epoche e anche dei colori utilizzati nelle confezioni di prodotti alimentari e non; anche sul colore delle auto. Anche io ho scritto qualcosa in proposito e questo dimostra una cosa importante da tenere presente: un colore, di per sé, non ha alcun significato.

I colori sono sensazioni cerebrali. Se vi chiedo di pensare al rosso, ci potete riuscire tranquillamente con la mente e anche a occhi aperti, perché è una sensazione che è già lì, nella memoria del vostro cervello; basta “tirarla fuori”. Se vi chiedo di pensare al rosso Ferrari, è probabile che vi appaia nella mente una delle famose autovetture, anche se sotto forma di modello vago e onirico, ma il rosso lo immaginerete comunque. Il colore può avere un significato solo se è la caratteristica di un certo oggetto e se proprio gli si voglia attribuire un significato. C’è differenza di significati nel rosso dei Vigili del Fuoco, nelle uniformi dei soccorritori della Croce Rossa, nel rosso delle auto da corsa italiane oppure nel verde di quelle inglesi o nel blu di quelle francesi? A quali storie riferirsi, a quali tradizioni, a quali sensazioni o sentimenti?

Il blu è calmante, ma lo sono tutti i blu?
Il blu è una categoria semantica, ovvero chiamiamo blu un certo numero di sfumature e tonalità della tinta chiamata blu. Un sacco di colori possono essere chiamati blu.

Quando posso asserire che un certo colore sia blu?
In certe tonalità e sfumature prende altri nomi, ma sempre di blu si tratta. Questo ragionando tecnicamente e scientificamente, poi se vogliamo andare nell’arte, nella poesia, nella letteratura, nella moda o nei color trend, si apre un mondo di nomenclatura antica, nuova, attuale o inventata di sana pianta dal marketing.

L’arancione, se attenuato, diventa beige, se scurito marrone. Che induzioni fisiologiche ha il marrone? Ben poche. Che significato ha, cosa simboleggia, cosa rappresenta? Ci ricorda il colore delle feci, del fango, del cioccolato? La prima auto che mi comprai lavorando, fu una Mini marrone. Era un colore di moda per le auto negli anni ’70. Un mio importante cliente di allora aveva una Mercedes. Marrone. Un colore di tendenza per l’auto anche negli anni ’50. Cosa intendevano evocare? Non lo so.

Il rosso schiarito diventa rosa, se scurito avremo un altro marrone, forse più “testa di moro” (?)… Di passaggi tonali ne abbiamo pochi, dal rosso aragosta finiamo nel magenta in un batter d’occhio e il magenta contiene già un po’ di blu. Il passo successivo è il regno delle porpore, da quella rossa, al fucsia, alla porpora blu altrimenti detta viola e anche qui i passaggi tonali, ma anche le possibili sfumature, sono poche.

Il violetto, che non è né blu, né viola, non ha alcun passaggio tonale. Non esiste un violetto bluastro o un violetto rossastro. Ovviamente ha poche sfumature possibili; se schiarito diventa lilla.

Il blu va dall’oltremare (ma non è violetto) al ciano, se schiarito diventa azzurro, celeste; se scurito non cambia nome.

Il verde non cambia mai nome, in qualsiasi sfumatura o tonalità, rimane sempre verde, come gli abeti. Eppure è una sensazione cromatica della quale riusciamo a rilevare più sfumature; un bravo pittore di verdi ve ne potrebbe fare infiniti. Forse di nomi di fantasia per molte sfumature ci sono, ma poco utilizzate. Va da quello che chiamiamo turchese, che tende al blu, e si ferma con il giallo ginestra, che è più verde che giallo.
Anche il giallo è una sensazione che abbonda di sfumature rilevabili. Dal verdognolo arriva fino al becco d’oca, dopodiché lo chiamiamo arancione.

L’arancione inizia ad avere meno passaggi tonali; da arancione giallastro diventa rapidamente rosso aragosta, quindi non più arancione. Non ricorda il fuoco e nemmeno i pesci tipici da acquario domestico, eppure sono arancioni. Rosso fuoco e pesci rossi sono errori ricorrenti.

Questa disamina dei passaggi tonali e delle sfumature può essere utile per valutare la validità del significato dei colori, anche perché a molti di essi non ne sono stati attribuiti. Pensate anche al fatto che abbiamo maggiore sensibilità discriminatoria intorno alle sensazioni da verde al giallo, meno nel blu e poche nel rosso.
Insomma, andando a spulciare quali siano i colori ai quali sono stati attribuiti significati, evocazioni e simboli, così, a memoria, potremmo trovarne al massimo una ventina, ma sono ottimista. E questi all’interno del circa il milione che ne possiamo vedere. Ciò non toglie valore storico al significato dei colori, che possono sempre costituire un riferimento per le proprie scelte o per le scelte attinenti al marketing.

Nelle tavole allegate qui sopra, trovate un po’ di declinazioni di colori centroidi (quelli di forma tonda). Per ricordarvi quanti colori si possano ottenere, partendo da uno qualsiasi e declinandolo in chiarezza, saturazione e nelle diverse nuances (sfumature) e infine spostandolo in tonalità, cercando di tenerlo dentro alla sua tinta. Ma anche per farvi notare come le declinazioni possano dar luogo a colori che, pur rientrando in una categoria di tinta, cambino denominazione (per lo meno per i non tecnici).
NOTA: per fare questi schemi non ho scelto accuratamente i valori dei centroidi, in modo da avere lo stesso numero di declinazioni sui diversi assi; li ho creati un po’ a caso e con una saturazione già abbastanza alta.

Può succedere, con questo tipo di rappresentazione, che l’osservatore percepisca come lievi i cambiamenti del centroide e di avere solo la sensazione che il colore si schiarisca e si scurisca mantenendo la sua identità lessicale. Consiglio quindi di isolare, magari con un cartoncino a foro quadro, i diversi colori derivati dal centroide. Per rendersi conto delle possibilità di declinazione di un colore di una certa tonalità, consiglio di dare un’occhiata a una mazzetta NCS (NCS INDEX). Qui sotto, dall’Atlas NCS, la declinazione di un certo giallo. Osservate bene e pensate a quanti di questi campioni potreste attribuire la denominazione di giallo…

A Lüscher, con il suo color test, ne sono bastati otto per rigirare l’intimo di una persona come un calzino e predire addirittura eventuali patologie latenti.

Al sistema nervoso autonomo (SNA) ne bastano quattro, per farvi aumentare o diminuire la frequenza cardiaca o portarvi a una basale equilibrata o per mettervi in una situazione di oscillazione sistemica.

Come la mettiamo?

Se pitturo la camera da letto di blu, dormo meglio?
Un tempo si credeva che indossare una camicia da notte blu, favorisse il sonno quanto una camomilla e ancora oggi c’è qualche produttore che si richiama a questa proprietà. C’è del vero, ma a condizione di sapere che è indispensabile osservare l’indumento per almeno 30 secondi, dunque ci sia luce sufficiente per farlo. Al buio non funziona, perché al buio nessun colore esiste più. Nessuna radiazione, nessuna sensazione, nessuna induzione, nessun significato.

E perché sarebbe tranquillizzante, calmante, eccetera?
Ecco che arriviamo al punto nevralgico dei perché! Innanzitutto l’effetto calmante-tranquillizzante eccetera, non deriva dal fatto che alla signora abbiano detto che il blu evoca qualcosa o che renda tranquilli, scatenando una certa suggestione. Forse può succedere, ma non possiamo assumerla come regola.

Per quanto tempo sarebbe tranquillizzante, calmante, eccetera?
Aggiungo anche che l’effetto permane per pochi secondi. Se il soggetto si intestardisce e per “calmarsi molto” continua ad osservare quel certo blu, non succede più nulla; l’effetto svanisce comunque.
Ma allora, cosa succede, sono tutte frottole?

No, spiego il punto nevralgico.

Quelle radiazioni elettromagnetiche, che provocano le sensazioni che chiamiamo colori, possono indurre variazioni di attività, seppur minime, del sistema nervoso autonomo (SNA). Indurre quindi il sistema nervoso autonomo parasimpatico ad attivarsi maggiormente (per quel poco di tempo), oppure indurre a una maggiore attività il sistema nervoso autonomo ortosimpatico, oppure portare in equilibrio i due rami del SNA o anche indurre variazioni tanto minime, da non essere considerate dal sistema.
Insomma che il soggetto lo voglia o no, quelle radiazioni che percepiamo come sensazioni cromatiche ovvero come colori, agiscono fisiologicamente sul nostro sistema nervoso e una volta che hanno fatto la loro pur lieve ed effimera induzione, tutte le componenti del sistema nervoso, insomma del cervello, sia quelle autonome che quelle cognitive, rilevano queste piccole variazioni, avviando tutti i processi più o meno consapevoli, che possono regolare il nostro atteggiamento mentale e il nostro comportamento.

Resta inteso che l’osservazione di un blu da parte di un soggetto che in basale parta già molto agitato e che per giunta non abbia alcuna intenzione di darsi una calmata o sia in una situazione talmente critica nella quale nessuno potrebbe rilassarsi, potrà fare ben poco, anzi, magari potrebbe risultargli fastidioso come una doccia gelata dopo essere stato al sole per un’ora.

Per chi non avesse letto il mio QUADERNO: Il color test di Lüscher e la psicologia del colore, vi potrà trovare un po’ di chiarimenti circa le induzioni dei colori sul sistema nervoso autonomo. Riscrivere tutto in questo QUADERNO sarebbe stata una ripetizione e già mi ripeto spesso. Il punto cruciale è questo: le induzioni dei colori sul SNA e nel QUADERNO di cui sopra spiego tutto meglio.

Conclusioni

In sintesi, i colori di riferimento sono gli 11 di Berlin e Kay; sono monolexemici, nel senso che deve bastare una sola parola per identificarli, ma più che essere colori specifici, quindi riconducibili a coordinate cromatiche precise, si tratta di categorie cromatiche, in quanto hanno la possibilità di essere declinati secondo tutte le variabili parametriche dei colori: tinta, saturazione e chiarezza.
Sono: bianco, nero, rosso, verde, giallo, blu, marrone, viola, rosa, arancione e grigio.

Interessante notare che nella categoria “viola” siano contenuti il violetto e tutte le porpore blu e rosse.
Basti anche pensare che in inglese, lingua franca per le scienze, viola è tradotto violet o anche purple, ma anche violetto viene tradotto violet. Quindi in inglese l’equivalente per il nostro viola non esiste.

Quando leggo il blu, il rosso, il verde, eccetera, evoca, provoca, rappresenta, simboleggia, significa… mi devo chiedere ok, ma quale blu, quale rosso, quale verde?

Infine due domande-curiosità:

Si scrive che il rosso eccita. Luci rosse, la donna in rosso, il rossetto per le labbra, insomma “significa-evoca” sessualità, passione carnale e chi più ne ha più ne metta, ma la famosa pastiglia del Viagra è blu. Perché? Non lo so. Forse “Tranquillizzati, anche se hai letto sul bugiardino che gli effetti collaterali possono essere: infarto, ictus, battito cardiaco irregolare, emorragie cerebrali o polmonari, pressione alta e morte improvvisa!” ? Oppure “Tranquillo che con questo farai un figurone!”?

Gli estintori servono per spegnere il fuoco. Per spegnere il fuoco, la prima cosa che viene in mente è l’acqua, che però è trasparente, ma quando è in quantità come in mare, ci appare blu, se il cielo è sereno, altrimenti ci appare grigio, vabbè… comunque gli estintori sono rossi, quindi pericolosi, sessuali, corsaioli, eccitanti? Rossi come il fuoco che dovrebbero spegnere? Il fuoco però è arancione…ma perché sono rossi e non blu?
Questa la so, ma non ve la dico.

Mi scuso con chi è arrivato fino a qui, se contava di trovare un esposto con un timone, un andamento organico. È un mio difetto quello di esporre saltando un po’ di palo in frasca, così come mi viene, a braccio. Il tema del colore è molto articolato e interdisciplinare e lo pratico dal 1983. Difficile trattenersi da incisi e parentesi; la voglia di divulgare è tanta, ma anche la pigrizia, che mi porta a evitare di configurare questi miei QUADERNI come tesi di laurea o paper per qualche convegno sul colore (ho già dato!).
Per questo li ho chiamati QUADERNI, dove annotare quello che mi viene in mente, come su un taccuino, da condividere con chi abbia voglia di leggerlo per curiosità, per trovarci un nesso, un’idea, un’illuminazione o nulla di cui tener conto.

Giulio Bertagna

NOTA: questo QUADERNO, come tutti gli altri è protetto da copyright. Se condividete certi concetti, introiettateli e fateli vostri (li scrivo apposta), ma se li divulgate, per cortesia, citate l’autore. Grazie